Guglielmo Marconi sarebbe dovuto salpare con il Titanic – One More Thing

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Guglielmo Marconi sarebbe dovuto salpare con il Titanic – One More Thing

Ship Radio room-SPARK_Museum_of_Electrical_Invention-replica

Di Massimo Sideri, inviato ed editorialista del “Corriere” sui temi di scienza, innovazione e tecnologia (vedi riferimenti a fondo pagina)

 

Dopo aver scritto l’articolo sulle carenze relative alla figura e al ruolo di Enrico Fermi nel film Oppenheimer di Christopher Nolan (lo allego qui per i nuovi iscritti) l’amico Alberto Diaspro mi ha ricordato che c’è un’altra storia dimenticata: quella di Guglielmo Marconi e del suo viaggio sul Titanic.

Non viene raccontata nell’ormai classico Titanic di James Cameron del 1997 con Leonardo DiCaprio. In questo caso non c’è nulla da eccepire: il film di Cameron è chiaramente una ricostruzione romanzata e iper-romantica del primo e ultimo viaggio del transatlantico nel 1912. Attinge a qualche elemento documentale, ma senza l’ambizione di volerne ricostruire la vera storia.

Però cogliamo lo stesso l’occasione per raccontarla: Guglielmo Marconi  sarebbe dovuto salpare con il Titanic in quel 1912. Come mai? Facciamo un passo indietro.

Marconi salì in effetti sul transatlantico tanto che esistono delle fotografie dell’evento: volle difatti partecipare personalmente all’installazione di un radiotelegrafo di sua invenzione sulla nave, il 22 marzo 1912.

Gli armatori ne furono così entusiasti che lo stesso Premio Nobel italiano venne invitato per il viaggio inaugurale dell’aprile successivo.

Qui dobbiamo aprire una breve parentesi: Marconi non era laureato. Era difatti un autodidatta di buona famiglia (si divertiva  a fare i primi esperimenti sulle trasmissioni con il suo maggiordomo).
Le sue ambizioni erano di diventare un imprenditore, ma questo all’inizio del Novecento, non era anomalo per uno scienziato (lo possiamo chiamare così visto che, seppure senza laurea in fisica, vinse il premio Nobel nel 1909 e poi fu presidente del Cnr dopo Vito Volterra, anche se non possono essere dimenticate le due convivenze con il regime fascista).
C’era difatti stato l’esempio sia di Thomas Edison che di Nikola Tesla, ambedue scienziati con obiettivi imprenditoriali durante la famosa guerra della corrente. Marconi fondò anche la Marconi Company.
Ancora oggi l’addetto alle comunicazioni viene chiamato marconista. E al tempo per diventarlo bisognava aver frequentato un corso proprio della Marconi Company in Gran Bretagna.

Torniamo dunque sullo sfortunato Titanic. Sfortunato fino a un certo punto: il comandante Edward John Smith fu a dir poco un irresponsabile.
Sarebbe dovuto andare in pensione dopo il viaggio e dunque non indugiò un attimo a far andare a tutta forza le macchine, nonostante la presenza di poderosi iceberg sulla rotta. Forse anche con il sogno di ottenere un record di percorrenza (non è dimostrato).
Ci fu anche un’inchiesta dopo il disastro, che non portò a molto. Di fatto al tempo nessuno credeva che il Titanic potesse affondare (tanto che la maggior parte degli ospiti di bordo morì perché c’erano scialuppe di salvataggio solo per meno di un terzo di loro).
Di certo la tragedia portò a cambiare la percezione di ciò che la tecnologia marina poteva permettersi di affrontare.

Perché Marconi non salì a bordo nonostante l’invito? Qui si apre come sempre una ridda di versioni.

Il premio Nobel doveva in effetti raggiungere proprio New York. Ma sembra che i suoi impegni lo portarono a prendere un piroscafo precedente (c’è chi racconta che fu in realtà merito della moglie che lo fece arrivare in ritardo).

Vi consiglio di guardare questo video di un minuto sul portale storico del Quirinale relativo a un programma che non sarebbe male rilanciare: Un minuto di Storia di Gianni Bisiach. Cliccate qui. E’ ricca di immagini storiche affascinanti su questa vicenda.

Comunque Marconi non partecipò. Ma i suoi “marconisti” sì: si chiamavano Harold Bride e Jack Phillips.

Quando nella notte tra il 14 e il 15 aprile del 1912 si aprì uno squarcio di 90 metri sulla carena del Titanic furono loro , grazie al radiotelegrafo di Marconi, a salvare 705 persone. Il fisico aveva già testato la possibilità di usare la sua invenzione senza fili sulle navi per mandare messaggi di aiuto.

Al tempo si usava ancora il codice morse CQD.
Ma sappiamo che i due marconisti decisero di usare anche il nuovo codice SOS che ancora non si era imposto (diventerà uno standard nel 1914).
SOS tradotto in codice morse equivale a tre punti, tre linee e tre punti: …___…. Vanno inviate senza interruzione.
Questo permette al suono di essere riconoscibile senza sorta di dubbio.

Il resto della storia è noto: il segnale di aiuto venne raccolto dalla nave Carpathia, distante 58 miglia nautiche (4 ore di navigazione). Il Carpathia raccolse le persone che avevano potuto guadagnare le scialuppe di salvataggio.

Di fatto l’invenzione di Marconi le salvò, tanto che una volta a New York lo vollero incontrare. Da anni la società che detiene i diritti sul relitto tenta di recuperare proprio la radio di Marconi. In queste settimane è stato annunciato un nuovo tentativo per il 2024, anche se esistono delle controversie legali. Probabilmente resterà dov’è.

Ps#1: una piccola curiosità nella sala Marconi del Cnr ancora oggi esiste un oggetto che appartenne a Marconi stesso.

Ps#2 Il marconista Bride si salvò. Phillips invece non ce la fece.

 


APPROFONDIMENTI

One More Thing: dal mondo della scienza e dell’innovazione tecnologica le notizie che ci cambiano la vita (più di quanto crediamo)

Per gentile concessione dell’editore e dell’autore, riportiamo sul nostro blog gli articoli della Newsletter “One More Thing” (https://www.corriere.it/newsletter/?theme=59#).
Perché One More Thing, ancora un’altra cosa? Perché nell’era dell’infodemia e della bulimia informativa di cui siamo tutti vittime, esistono ogni tanto notizie che non si contano ma si pesano. Ecco allora perché “One  more thing” come il famoso stratagemma di Steve Jobs per presentare, all’ultimo, l’innovazione migliore. Ma anche come quell’ancora un’altra cosa con cui il tenente Colombo tesseva la sua ragnatela intorno al colpevole, filo dopo filo, con il metodo scientifico di Galileo Galilei.